IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli atti del proc. 886/93 g.i.p. a carico di Pafundi Rocco, nato a Pietragalla (Potenza) il 10 luglio 1958 res. Montegrosso, via Asti-Mare, 6/bis, iscritto nel registro delle notizie di reato in data 5 febbraio 1993; Vista la richiesta di archiviazione del pubblico ministero in data 16 marzo 1993, subordinata, peraltro, al non-accoglimento dell'eccezione di costituzionalita' degli artt. 13 e 16 della legge reg. Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, in riferimento agli artt. 25 e 117 della Costituzione; O S S E R V A 1. - Con la fondamentale sentenza 31 maggio 1991, Valiante le SS.UU. penali hanno affermato che la legge n. 319/1976 ha sancito e sanzionato penalmente l'obbligo di autorizzazione non solo per gli scarichi da insediamenti produttivi ma anche per quelli che provengano da insediamenti civili attivati dopo l'entrata in vigore della legge medesima (per quelli preesistenti, infatti, e' previsto il solo obbligo di denuncia ex art. 15, primo comma) e non si immettano in pubblica fognatura (questi ultimi, infatti, sono "sempre ammessi" ex art. 14, primo comma). La tesi secondo cui l'omessa richiesta di autorizzazione per gli scarichi civili nuovi non costituisce reato se al momento del fatto non sia entrata in vigore la disciplina regionale cui fa rinvio l'art. 14, secondo comma, della legge n. 319/1976 contrasta con il principio autorizzativo che costituisce nucleo omogeneo di quest'ultima ed e' "funzionale alla valutazione preventiva dell'eseguibilita' dello scarico, per cui la definizione della disciplina regionale non si pone affatto come pregiudiziale rispetto all'obbligo di richiedere l'autorizzazione". Osserva ancora il s.C. che "far dipendere dalla volonta' degli organi regionali la necessita' dell'autorizzazione significa porre gravi problemi - anche di rilievo costituzionale - di applicazione della legge penale su tutto il territorio nazionale. Com'e' soltanto lo Stato che puo' stabilire il sistema sanzionatorio, cosi' le eccezioni a tale sistema possono essere stabilite solo dallo Stato e non rimesse a variabili considerazioni di natura locale (..) Anche la stessa nozione di nuovo scarico ai fini penali non puo' che essere definita dalla legge statale (sono nuovi gli scarichi attivati dopo l'entrata in vigore della legge Merli) proprio perche' non e' consentito alle regioni di interferire in materia penale. Le disposizioni regionali avranno certamente effetto per quanto concerne la disciplina amministrativa dello scarico civile ( ..) ma nessun effetto possono avere in campo penale ( ..). L'art. 14 cpv. infatti non contiene un rinvio in bianco alla disciplina regionale ma rimanda alle regioni solo per la definizione di tale disciplina di cui, al terzo comma, indica i presupposti, che sono gli stessi previsti per gli scarichi da insediamenti produttivi (obbligo di autorizzazione e richiamo ai limiti tabellari)". 2. - In contrasto con l'assetto normativo delineato dalle SS.UU. penali la legge reg. Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, nel dettare (capo terzo) la disciplina degli scarichi civili che non recapitano in pubblica fognatura ( ex art. 14 cpv. della legge Merli): a) ha introdotto (art. 13, secondo e terzo comma) una distinzione tra scarichi civili nuovi e esistenti ancorata non (solo) alla data di entrata in vigore della cit. legge statale, ma (anche) alla data di entrata in vigore della legge regionale medesima; b) ha previsto (art. 14) - in base alle caratteristiche qualita- tive e quantitative degli scarichi - una suddivisione dei medesimi in 2 classi ( A e B) a loro volta articolate in sottoclassi (in 4 la prima e in 2 la seconda); c) ha escluso (art. 15) dall'obbligo di autorizzazione allo scarico i titolari degli insediamenti civili esistenti appartenenti alla classe A sottoclassi a)-c) e alla classe B sottoclasse a) (in presenza di determinate caratteristiche dell'insediamento): per queste tipologie di scarichi e' sufficiente una semplice "notifica" all'autorita' di controllo. 3. - Quindi (anche a prescindere dall'art. 15 della legge regionale citata che pure e' stato sospettato di illegittimita' costituzionale dal pubblico ministero: invero l'espressione "agli scarichi degli insediamenti civili .. sono sempre ammessi nei corpi idrici superficiali" e' ambigua ma non sembra comunque escludere - se posta in correlazione con il precedente art. 15 - l'obbligo di autorizzazione anche per gli scarichi in acque superficiali) la normativa regionale - lungi dal limitarsi a dare attuazione ( ex art. 117, ultimo comma, della Costituzione) a livello locale ai principi in tema di inquinamento idrico stabiliti dalla legge statale (artt. 9, ultimo comma, e 21, primo comma, in tema di obbligo di autorizzazione) ha sottratto dall'osservanza di tale obbligo i titolari di alcuni tipi di scarico civile introducendo (art. 13, secondo e terzo comma) un nuovo parametro cronologico (epoca di entrata in vigore della citata legge regionale) cui ancorare la distinzione tra insediamenti civili nuovi ed esistenti. Tutto cio' appare manifestamente in contrasto con l'art. 117 (violazione del principio di riserva costituzionale delle materie attribuite alla legislazione regionale c.d. autonoma) e con l'art. 25 della Costituzione in quanto il legislatore comunale ha privato della sanzione penale prevista dall'art. 21, prima comma, della legge Merli il fatto di chi apra - dopo l'entrata in vigore di quest'ultima legge - un nuovo scarico (in acque superficiali, suolo o sottosuolo) dagli insediamenti civili indicati all'art. 15, secondo comma (in riferimento all'art. 14) della legge regionale n. 13/1990. E' appena il caso di sottolineare a quest'ultimo proposito che (per giurisprudenza costante della Corte costituzionale: v. sentenze nn. 79/1977, 370/1989, 43 e 309 del 1990) "la fonte del potere punitivo statale risiede solo nella legislazione statale e le regioni non hanno il potere di comminare, rimuovere o variare con proprie leggi le pene previste in una data materia; non possono cioe' interferire negativamente con il sistema penale statale considerando penalmente lecita un'attivita' che, invece, e' penalmente sanzionata nell'ordinamento statale". 4. - In punto rilevanza della questione di legittimita' costituzionale si osserva che nel caso oggetto del presente procedimento si contesta a Pafundi Rocco di aver scaricato in acque superficiali (torrente Tiglione) i reflui provenienti dall'insediamento civile di sua proprieta' costituito da abitazione con annesso capannone adibito ad attivita' artigianale (quest'ultimo peraltro non risulta dar origine ad alcuno scarico onde i reflui di cui trattasi sono esclusivamente quelli di provenienza dell'abitazione). Poiche' tale insediamento e' stato reso agibile nel marzo 1989 (v. relazione U.S.L. 68 del 9 dicembre 1992) - cioe' dopo l'entrata in vigore della legge statale n. 319/1976 ma prima dell'emanazione della legge regionale n. 13/1990 - torna applicabile la previsione di cui all'art. 15, secondo comma, lett. a) (in riferimento all'art. 14, secondo comma, lett. a) e all'art. 13, secondo comma) di quest'ultima con conseguente esclusione dell'obbligo di autorizzazione e correlativa impossibilita' di applicazione della sanzione penale di cui all'art. 21, primo comma, della legge Merli. E' chiaro quindi che l'accoglimento o meno della richiesta di archiviazione dipende dalla previa risoluzione della prospettata questione di costituzionalita'. 5. - Per completezza bisogna evidenziare che principio basilare del nostro ordinamento costituzionale e' quello per cui i giudici sono tenuti ad applicare le leggi (statali e regionali) e ove queste risultino in contrasto con la Costituzione non possono essi disapplicarle ma devono adire la Corte costituzionale che sola puo' esercitare il sindacato di costituzionalita' pronunciandosi con sentenze aventi efficacia erga omnes (v. Corte costituzionale n. 285/1990 che ha annullato la sent. Cass. 12 novembre 1989, Predieri che aveva disapplicato alcune leggi della regione Emilia-Romagna ritenendole invasive della materia penale riservata allo Stato). 6. - In definitiva il giudice delle indagini preliminari - in parziale accoglimento dell'eccezione proposta dal pubblico ministero - ritiene rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13, secondo e terzo comma, e 15, secondo comma, della legge regionale Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, in relazione agli artt. 25 e 117 della Costituzione.